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lunedì 17 dicembre 2007
mercoledì 12 dicembre 2007
martedì 11 dicembre 2007
Pietrangelo Buttafuoco "Il Teatro deve vivere sulle proprie forze" - di Francesco Liotta e Giosuè Gullotta
murof
Nell’ambito del nostro Forum abbiamo incontrato il giornalista Pietrangelo Buttafuoco che, da maggio scorso, ha le redini del Teatro Stabile di Catania in qualità di Presidente del CdA, e con lui abbiamo voluto capire quali scenari si aprono per il futuro del teatro e quali possibili coinvolgimenti per le strutture teatrali del nostro comprensorio.
Tutti conosciamo il Buttafuoco giornalista e scrittore che divide la propria esperienza “consolidata” tra carta stampata e Televisione, come mai questa scelta gestionale/amministrativa di una struttura teatrale?
Prima di tutto perché mi piace il teatro, perché è una mia passione profonda da sempre, e poi perché, vivendo a Roma e quindi “in continente”, come da linguaggio caro al classico canovaccio teatrale, questa cosa mi ha costretto a misurarmi con una cosa vera, pesante e dura che è il ritorno a casa; per noi siciliani è uno spasso poter criticare dal di fuori la Sicilia, mentre difficilissimo è “metterci mano”.
Questa è l’occasione per provare a metterci mano!
Quale segnale di rottura con le passate gestioni ha voluto dare sulla scelta degli spettacoli in cartellone?
La rottura non vi è stata ancora, infatti, nella prossima stagione cercheremo di innestare in cartellone opere che sono riferimenti, non banalmente frutto dell’attualità, ma che sono espressione viva di quella letteratura, drammaturgia ed anche cronaca e storia che questa città offre.
Un esempio per tutti è l’opera di Ottavio Cappellani “Sicilian Tragedy”, libro di grande successo e fonte di divertimento tra i tanti lettori, che ritengo possa diventare un grande spettacolo.
Pertanto, con il rispetto dovuto a Baudo e Torrisi che hanno portato il teatro ad altissimi livelli, spero che le nostre scelte riescano a mantenere questa eccelsa qualità.
Passiamo all’aspetto prettamente economico, relativamente agli abbonamenti l’innovazione degli abbonamenti differenziati per “carte” ha dato i frutti che vi eravate prefissi?
Tale strategia nasce da una necessità, non tutto il pubblico è omogeneo: una volta si immaginava un pubblico che andava a Teatro per seguire quelli che erano i canovacci classici, vedi Pirandello o Beckett per arrivare a Goldoni, ma adesso l’esigenza è quello di andare incontro a pubblici diversi, sia per riferimenti culturali che per riferimenti generazionali, che, nell’approccio prettamente di mercato, hanno la loro pregnanza.
Quindi è fondamentale cercare di proporre un cartellone che, il più possibile, sia scomponibile e adattabile a ciascuno e dove ciascuno possa seguire il proprio percorso.
I numeri ci stanno dando ragione, infatti, mi piace evidenziare una curiosità, che la somma degli abbonati tra Teatro Stabile e Teatro Massimo supera il numero degli abbonamenti sottoscritti al Catania Calcio, ogni tanto la cultura supera lo sport.
Resta ovvio che questa struttura ha una responsabilità forte per il nostro territorio, infatti, vi è una forte necessità di dilatare le presenze degli spettacoli ben oltre quella che potrebbe essere la piazza principale.
Proprio per questo stiamo studiando la possibilità di creare dei botteghini portati nei centri limitrofi ed organizzare una serie di agevolazioni logistiche (leggi pullman) tali da portare a teatro più persone possibili e far vivere il Teatro di forza propria.
Ritiene che possa essere una strategia esortabile su realtà più provinciali?
Se consideriamo dal punto di vista economico cioè dei guadagni, la produzione cosiddetta culturale è in posizione di leader rispetto al fatturato di qualsiasi industria italiana.
Il cosiddetto “sbigliettamento” delle mostre e degli spettacoli teatrali, vedi Mantova o Pordenone o altre realtà dove, oltre che successo viene creato anche denaro, è fondamentale per l’economia di molte città e, specialmente in realtà come le nostre, essa può essere il volano per uno sviluppo territoriale inteso anche dal punto di vista economico.
Quindi non è stravagante pensare a Catania, fulcro da cui dipendono, non solo la sua provincia ma anche le altre province siciliane, possa diventare la fornace da cui sia generata cultura ed economia.
Ecco perché il Teatro Stabile, conscio della propria responsabilità sul territorio, si pone non solo mero combinatore di cartelloni al proprio pubblico ma anche sollecitatore di altre forme di crescita culturale ed in quest’ottica che questa struttura ha affrontato l’organizzazione e la gestione di una bella mostra a Castello Ursino e, a febbraio, la partecipazione attiva alla riapertura del Museo Biscari.
Con questo non voglio nascondere che la situazione non facilissima dei teatri italiani, dal punto di vista prettamente economica, ma un fatto innegabile è che le sale sono piene ed io, essendo stato sempre contrario al cinema assistito non vorrei essere succube di un teatro assistito.
Per questo immagino un Teatro Stabile che, dal prossimo anno, potrà offrire spettacoli che potranno essere venduti su altri palcoscenici italiani e stranieri.
Ricordiamo che questo è il Teatro della tradizione di Angelo Musco o del premio Nobel Pirandello, per continuare con Turi Ferro.
Visto che il nostro periodico si pone come “pungolo” e “suggeritore” per le nostre Amministrazioni, vorremmo focalizzare l’attenzione, oltre al teatro di Biancavilla, su Adrano dove esiste un teatro che, senza timore di smentita, possiamo definire tra i più belli e “storici” della nostra regione, attualmente ristrutturato e abile ad essere utilizzato, ma senza finora grossi risultati, cosa è necessario per una buona stagione teatrale?
Se prendiamo a esempio Chiaramente Gulfi dove è stato partorito e creato uno dei romanzi di maggior successo degli ultimi anni “Terra Matta” di Vincenzo Rabito, un testo pubblicato da Einaudi, che ha suscitato grande interesse e curiosità.
Parlo di questo luogo molto simile ai nostri, perché in ognuno dei nostri, pur piccolissimi, mondi troviamo questi grandi universi, ed ogni singolo teatro scavando nella propria memoria chissà quanti tesori può trovare.
Tutto sta a saperli cercare, in fondo le storie sono come i tartufi che stanno sottoterra, ed il teatro serve a questo, a far rivivere e mettere in scena; bisogna saper coniugare la ricerca alla qualità ed al gusto.
Vede una possibile collaborazione tra la Vs struttura e i Teatri del nostro comprensorio?
Come Teatro Stabile abbiamo già rapporti diretti con l’Università di Catania e Enna, e stiamo rinverdendo rapporti concreti con i teatri delle altre province come quelli di Ragusa e di Enna ed anche con quelli della provincia di Catania.
Infatti, dal momento del mio insediamento ho creato una mappa di tutti quei teatri che, per collocazione e caratteristiche strutturali, possano sostenere lo standard tecnico e qualitativo delle nostre produzioni e quello di Adrano è rientrato in questi parametri, come quello di Comiso o di Noto.
A questo punto prima di lasciare il nostro amico/ospite, come da buona chiacchierata che si rispetti, vorremmo chiedergli quali sono i suoi programmi per il futuro, oltre naturalmente al suo impegno relativo al Teatro; lo vedremo ancora in televisione e quando avremo il piacere di apprezzare un altro suo romanzo?
L’esperienza televisiva rientra nel mio essere giornalista, ma non è un capitolo fondamentale della mia attività professionale visto che è la scrittura che mi da maggiori soddisfazioni, il video è una cosa saltuaria che valuto secondo le occasioni.
A Gennaio uscirà il prossimo romanzo dal titolo “l’Ultima del Diavolo”, che racconta l’ultima tentazione che il diavolo ha offerto agli uomini, cioè quella di cancellare dalla terra le tracce di Bahira, un padre del deserto cristiano che riconobbe per primo, in Maometto bambino, il fondatore dell’Islam.
Ma il resto lo leggerete sul libro.
Non possiamo salutarci senza chiedere cosa rappresenti Adrano per Pietrangelo Buttafuoco.
Adrano è sicuramente una delle mie “tane”, dove si conclude e si dischiude il fazzoletto di amici e dove torno sempre con tanto piacere.
A questo punto con ci resta che ringraziare Pietrangelo augurandogli, ed augurandoci, di continuare, tra un “Panorama” ed un “Foglio”, a deliziarci con le arguzie della sua penna.
Ma non possiamo lasciarci sfuggire l’occasione per chiedergli di contribuire, dalla sua posizione privilegiata, a creare anche nel nostro territorio, quel circolo virtuoso possibile tra Cultura ed Economia, aiutandoci a utilizzare, in maniera intelligente i nostri teatri, giusti depositari di sapere e impresa.
A cura di Francesco Liotta e Giosuè Gullotta
Prima di tutto perché mi piace il teatro, perché è una mia passione profonda da sempre, e poi perché, vivendo a Roma e quindi “in continente”, come da linguaggio caro al classico canovaccio teatrale, questa cosa mi ha costretto a misurarmi con una cosa vera, pesante e dura che è il ritorno a casa; per noi siciliani è uno spasso poter criticare dal di fuori la Sicilia, mentre difficilissimo è “metterci mano”.
Questa è l’occasione per provare a metterci mano!
Quale segnale di rottura con le passate gestioni ha voluto dare sulla scelta degli spettacoli in cartellone?
La rottura non vi è stata ancora, infatti, nella prossima stagione cercheremo di innestare in cartellone opere che sono riferimenti, non banalmente frutto dell’attualità, ma che sono espressione viva di quella letteratura, drammaturgia ed anche cronaca e storia che questa città offre.
Un esempio per tutti è l’opera di Ottavio Cappellani “Sicilian Tragedy”, libro di grande successo e fonte di divertimento tra i tanti lettori, che ritengo possa diventare un grande spettacolo.
Pertanto, con il rispetto dovuto a Baudo e Torrisi che hanno portato il teatro ad altissimi livelli, spero che le nostre scelte riescano a mantenere questa eccelsa qualità.
Passiamo all’aspetto prettamente economico, relativamente agli abbonamenti l’innovazione degli abbonamenti differenziati per “carte” ha dato i frutti che vi eravate prefissi?
Tale strategia nasce da una necessità, non tutto il pubblico è omogeneo: una volta si immaginava un pubblico che andava a Teatro per seguire quelli che erano i canovacci classici, vedi Pirandello o Beckett per arrivare a Goldoni, ma adesso l’esigenza è quello di andare incontro a pubblici diversi, sia per riferimenti culturali che per riferimenti generazionali, che, nell’approccio prettamente di mercato, hanno la loro pregnanza.
Quindi è fondamentale cercare di proporre un cartellone che, il più possibile, sia scomponibile e adattabile a ciascuno e dove ciascuno possa seguire il proprio percorso.
I numeri ci stanno dando ragione, infatti, mi piace evidenziare una curiosità, che la somma degli abbonati tra Teatro Stabile e Teatro Massimo supera il numero degli abbonamenti sottoscritti al Catania Calcio, ogni tanto la cultura supera lo sport.
Resta ovvio che questa struttura ha una responsabilità forte per il nostro territorio, infatti, vi è una forte necessità di dilatare le presenze degli spettacoli ben oltre quella che potrebbe essere la piazza principale.
Proprio per questo stiamo studiando la possibilità di creare dei botteghini portati nei centri limitrofi ed organizzare una serie di agevolazioni logistiche (leggi pullman) tali da portare a teatro più persone possibili e far vivere il Teatro di forza propria.
Ritiene che possa essere una strategia esortabile su realtà più provinciali?
Se consideriamo dal punto di vista economico cioè dei guadagni, la produzione cosiddetta culturale è in posizione di leader rispetto al fatturato di qualsiasi industria italiana.
Il cosiddetto “sbigliettamento” delle mostre e degli spettacoli teatrali, vedi Mantova o Pordenone o altre realtà dove, oltre che successo viene creato anche denaro, è fondamentale per l’economia di molte città e, specialmente in realtà come le nostre, essa può essere il volano per uno sviluppo territoriale inteso anche dal punto di vista economico.
Quindi non è stravagante pensare a Catania, fulcro da cui dipendono, non solo la sua provincia ma anche le altre province siciliane, possa diventare la fornace da cui sia generata cultura ed economia.
Ecco perché il Teatro Stabile, conscio della propria responsabilità sul territorio, si pone non solo mero combinatore di cartelloni al proprio pubblico ma anche sollecitatore di altre forme di crescita culturale ed in quest’ottica che questa struttura ha affrontato l’organizzazione e la gestione di una bella mostra a Castello Ursino e, a febbraio, la partecipazione attiva alla riapertura del Museo Biscari.
Con questo non voglio nascondere che la situazione non facilissima dei teatri italiani, dal punto di vista prettamente economica, ma un fatto innegabile è che le sale sono piene ed io, essendo stato sempre contrario al cinema assistito non vorrei essere succube di un teatro assistito.
Per questo immagino un Teatro Stabile che, dal prossimo anno, potrà offrire spettacoli che potranno essere venduti su altri palcoscenici italiani e stranieri.
Ricordiamo che questo è il Teatro della tradizione di Angelo Musco o del premio Nobel Pirandello, per continuare con Turi Ferro.
Visto che il nostro periodico si pone come “pungolo” e “suggeritore” per le nostre Amministrazioni, vorremmo focalizzare l’attenzione, oltre al teatro di Biancavilla, su Adrano dove esiste un teatro che, senza timore di smentita, possiamo definire tra i più belli e “storici” della nostra regione, attualmente ristrutturato e abile ad essere utilizzato, ma senza finora grossi risultati, cosa è necessario per una buona stagione teatrale?
Se prendiamo a esempio Chiaramente Gulfi dove è stato partorito e creato uno dei romanzi di maggior successo degli ultimi anni “Terra Matta” di Vincenzo Rabito, un testo pubblicato da Einaudi, che ha suscitato grande interesse e curiosità.
Parlo di questo luogo molto simile ai nostri, perché in ognuno dei nostri, pur piccolissimi, mondi troviamo questi grandi universi, ed ogni singolo teatro scavando nella propria memoria chissà quanti tesori può trovare.
Tutto sta a saperli cercare, in fondo le storie sono come i tartufi che stanno sottoterra, ed il teatro serve a questo, a far rivivere e mettere in scena; bisogna saper coniugare la ricerca alla qualità ed al gusto.
Vede una possibile collaborazione tra la Vs struttura e i Teatri del nostro comprensorio?
Come Teatro Stabile abbiamo già rapporti diretti con l’Università di Catania e Enna, e stiamo rinverdendo rapporti concreti con i teatri delle altre province come quelli di Ragusa e di Enna ed anche con quelli della provincia di Catania.
Infatti, dal momento del mio insediamento ho creato una mappa di tutti quei teatri che, per collocazione e caratteristiche strutturali, possano sostenere lo standard tecnico e qualitativo delle nostre produzioni e quello di Adrano è rientrato in questi parametri, come quello di Comiso o di Noto.
A questo punto prima di lasciare il nostro amico/ospite, come da buona chiacchierata che si rispetti, vorremmo chiedergli quali sono i suoi programmi per il futuro, oltre naturalmente al suo impegno relativo al Teatro; lo vedremo ancora in televisione e quando avremo il piacere di apprezzare un altro suo romanzo?
L’esperienza televisiva rientra nel mio essere giornalista, ma non è un capitolo fondamentale della mia attività professionale visto che è la scrittura che mi da maggiori soddisfazioni, il video è una cosa saltuaria che valuto secondo le occasioni.
A Gennaio uscirà il prossimo romanzo dal titolo “l’Ultima del Diavolo”, che racconta l’ultima tentazione che il diavolo ha offerto agli uomini, cioè quella di cancellare dalla terra le tracce di Bahira, un padre del deserto cristiano che riconobbe per primo, in Maometto bambino, il fondatore dell’Islam.
Ma il resto lo leggerete sul libro.
Non possiamo salutarci senza chiedere cosa rappresenti Adrano per Pietrangelo Buttafuoco.
Adrano è sicuramente una delle mie “tane”, dove si conclude e si dischiude il fazzoletto di amici e dove torno sempre con tanto piacere.
A questo punto con ci resta che ringraziare Pietrangelo augurandogli, ed augurandoci, di continuare, tra un “Panorama” ed un “Foglio”, a deliziarci con le arguzie della sua penna.
Ma non possiamo lasciarci sfuggire l’occasione per chiedergli di contribuire, dalla sua posizione privilegiata, a creare anche nel nostro territorio, quel circolo virtuoso possibile tra Cultura ed Economia, aiutandoci a utilizzare, in maniera intelligente i nostri teatri, giusti depositari di sapere e impresa.
A cura di Francesco Liotta e Giosuè Gullotta
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