martedì 11 novembre 2008

Francesco Scimonelli:"Giovani e Società: perché il bullismo?" di Roberto Coco


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Un’attenta analisi di un fenomeno sempre più diffuso

Sempre più spesso apprendiamo dal giornale o dalla televisione notizie di giovani che si rendono protagonisti di aggressioni e di atti di violenza di ogni tipo. Tale fenomeno, che genericamente riportiamo sotto il nome di “bullismo” in realtà presenta varie e complicate sfaccettature.
Il bullismo è un insieme di comportamenti e parole che hanno lo scopo di sottomettere qualcuno e normalmente tale sottomissione si sviluppa in fasi successive: una prima fase in cui il “carnefice” designa la propria vittima e una seconda fase nella quale mette in atto la violenza.
Un dato di particolare interesse è costituito dal fatto che quasi sempre i protagonisti di tali episodi sono ragazzini che ancora frequentano la scuola dell’obbligo.
Per capirne di più abbiamo rivolto qualche domanda al dott. Francesco Scimonelli, primario dell’U. O. di neuropsichiatria infantile di Adrano.

Perché spesso i bulli sono ragazzi di età compresa tra i 12 e i 15 anni circa che frequentano ancora la scuola? Cosa li porta a compiere tali azioni?
Nel meccanismo del bullismo bisogna considerare che il soggetto è un ragazzo che vive il suo periodo adolescenziale con un accrescimento e cambiamento del proprio corpo; per l’adolescente non sempre è facile accettare tale mutamento e questo può sfociare in un’istanza intima di autolesionism;, è come se trasferissero sugli altri la violenza che in fondo vorrebbero fare a loro stessi. Tale meccanismo ha portato recentemente all’espansione del “cyberbullismo” un fenomeno che consiste nel diffondere sul web i filmati della violenza o altro materiale che potrebbe ledere la dignità della vittima.

Secondo lei perché ad Adrano nelle scuole medie superiori sembra che non siano presenti evidenti episodi di bullismo?
Molti ragazzi entrati nella fase adolescenziale si portano addosso una forma di “onnipotenza” tipica dell’infanzia che spingono il ragazzo in generale, il bullo in particolar modo, a non accettare l’esperienza della sconfitta; per cui può capitare che se non si trova un terreno a sé favorevole si decida di abbandonare la scuola prematuramente.
Si differenzia, invece, dal bullismo l’aggressione con meccanismi da “branco” che spesso un gruppo di ragazzi, quasi sempre maggiorenni, compie per motivi futili o per il semplice gusto di farla.
I protagonisti di tali azioni spesso sono “adolescenti non cresciuti” cioè persone che, pur anagraficamente adulte, non hanno una maturità che li porta a svolgere un processo logico prima di compiere una determinata azione; spesso agiscono per impulsi poiché sono alla ricerca di emozioni che li rendano vivi e trovano questa vitalità nella violenza. Si tratta di un fenomeno molto diffuso nelle grandi città, anche se purtroppo tali episodi non mancano neppure nei piccoli centri.
E’ però doveroso fare un’ultima riflessione riguardo al delicato compito svolto dagli educatori ed in particolar modo dalla famiglia. Bisogna riflettere se la deriva di un’istituzione così importante e l’instaurarsi di un modello educativo improntato all’eccessivo permissivismo non abbiano influito nello sviluppo di tali problemi.

Roberto Coco