martedì 11 novembre 2008

Mafia, la forza dei luoghi della memoria. di Enrico Indelicato

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La notizia è di questi giorni: l’auto su cui viaggiava la scorta di Giovanni Falcone il 23 maggio del 1992 potrebbe diventare un monumento antimafia. O meglio, ciò che resta di quella Fiat Croma su cui viaggiavano Antonino Montinaro, Rocco Di Cillo e Vito Schifani, catapultata a diversi metri di distanza dalla carreggiata da quintali di tritolo. Un ammasso intricato di lamiere fino ad oggi custodito nell’autocentro della Polizia di Stato a Messina, visitabile solo nel giorno dell’anniversario della strage. La proposta è di Tina Martinez, vedova di Antonino Montinaro, presidente dell’Associazione Culturalmente, che curerà il giardino sorto nel luogo della strage, sotto l’autostrada che collega Palermo a Punta Raisi, a due passi dallo svincolo di Capaci. Non tutti, naturalmente, sono d’accordo. La ragione e il pudore spesso respingono il confronto col dolore e con l’orrore. Eppure, “Ai ragazzi delle future generazioni non va addolcita la pillola. Bisogna parlare di memoria, non far dimenticare loro quello che è accaduto significa anche mostrare questo orrore”, dice la vedova Montinaro. Difficile non essere d’accordo: la lotta alla mafia ha bisogno anche di luoghi della memoria, che ci aiutino a confrontarci con la violenza, con la paura, ma anche con il coraggio e la forza morale di chi è caduto. Chi ha visitato Capaci e Via D’Amelio conosce l’emozione intensa e indimenticabile che si prova in quei luoghi, che hanno la forza di scuotere profondamente la mente e il cuore. A Capaci neanche la fredda impassibilità dell’obelisco con lo stemma della Repubblica Italiana riesce a soffocare la potenza morale di quel posto. In Via D’Amelio c’è un albero di ulivo, una lapide verde con i nomi, e quei balconi che ancora portano i segni di quel boato devastante. E poi tutti gli oggetti lasciati da chi è passato da lì: libri, fiori, sciarpe, magliette, lettere, perfino biglietti ferroviari e racchette da ping-pong. E quella lapide in ceramica, commissionata da un privato, che recita con orgoglio: “Tu che vieni qui a contemplare ricorda che non tutti i siciliani siamo mafiosi e non tutti i mafiosi sono siciliani”. Sta tutto qui il significato morale e culturale dei monumenti nella lotta alla mafia, luoghi della memoria dove compiere il nostro “pellegrinaggio laico”. Facciamoli conoscere anche ai ragazzi, abituati a non sentir parlare più di mafia, nell’epoca in cui la politica sembra aver derubricato la questione dalla propria agenda.
enrico.indelicato@tiscali.it