giovedì 15 gennaio 2009

Nostos: passaggio tra tradizione e innovazione - di Francesco Liotta

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“Il vino è lo specchio per guardare nel cuore dell’uomo”

Se potessimo attribuire un nome alla passione e all’entusiasmo, dovremmo chiamarlo Marina Rubino, giovane donna che, spendendosi in prima persona e senza indugi ha dato anima e corpo per un suo sogno: riportare l’azienda vitivinicola di famiglia agli antichi splendori, creando un “mondo” che potesse sintetizzare la tradizione, con la classica e secolare lavorazione, e il futuro con il corretto approccio al biologico e alla qualità.
Marina è una donna molto orgogliosa del suo progetto, lo si vede da come racconta e si racconta, gli occhi e tutto il viso diventano un leggio su cui si può comprendere la tenacia e il temperamento che la spinge sempre avanti, nonostante le tante difficoltà giornaliere.
Il giorno che la incontriamo a Biancavilla, quasi ci costringe a visitare, per poter ammirare, la propria cantina risalente al 1700, pregna del sapore intenso che si sprigiona dalle grandi botti colme del vino novello. La temperatura è molto fredda e lei ci confessa, con un sorriso quasi colpevole, che lo star dentro le ha fatto venire un brutto raffreddore, ma è un piccolo particolare che non mina assolutamente la propria volontà.
E’ il momento di andare a vedere l’azienda, così ci avviamo alle Vigne, in contrada Scaccianoce, dove potremo vedere i cinque ettari di vigneto collocato su vari terrazzamenti e il palmento, struttura del 1600 dove, ancora oggi, ogni anno viene prodotto il vino destinato alla vendita.
Il viaggio è tutto un amarcord, Marina ci racconta la sua infanzia trascorsa con l’amato padre e la passione e l’amore a lei trasmessa per l’azienda e per il suo vino, rammenta quando, in braccio a papà, fin dalle prime luci dell’alba, guardava affascinata gli operai che vendemmiavano e i canti legati al momento bucolico, e ancora ci racconta dei suoi dieci anni trascorsi a Roma, per ragione di studio, ma la propria nostalgia per l’Etna, per Biancavilla ma soprattutto per la “sua” campagna, e quindi la decisione di tornare per far rivivere l’azienda.
Dal momento del ritorno (da qui il nome nostos di Omerica visione) qualsiasi azione diventa finalizzata a questo sogno; la scelta della produzione assolutamente biologica, il costante ricorso alla consulenza tecnica dell’enologo, il riassetto del vigneto con la scelta di dividerlo in due parti, la prima con la tecnica moderna del filare e l’altra secondo l’antica tradizione della coltura ad alberello, l’ottenimento, circa una decina d’anni addietro, del marchio D.O.C.
Poi ci parla dell’incontro, al Vinitaly, con il Guru dei vini Luca Maroni, il quale, bevendo un bicchiere di Nostos ne è rimasto talmente colpito da volerlo inserire, nel suo importante “Annuario dei Migliori Vini Italiani 2009”.
Arriviamo sul posto e il panorama è, a dir poco, mozzafiato; a destra l’Etna imbiancata e a sinistra l’occhio che si perde nell'immensa vallata, e poi gli ordinati terrazzamenti che accolgono le piccole vigne e che assumono differenti colori e forme secondo la tecnica di coltivazione.
Dentro il palmento ci sovrasta un intenso profumo di vino, qui Turiddu il contadino, angelo custode dell’azienda, ci illustra come ancora oggi vengono utilizzati gli otri, e le bisacce per il trasporto del mosto, mentre Marina, stappando una bottiglia, ci fa notare che nulla è lasciato al caso, anche l’etichetta del rosso è una metafora raffigurante il passaggio di tre generazioni, tra il proprio padre Pietro e il proprio figlio (Pietro anch’esso), tramite se stessa, forte volontà di raccordo tra passato e futuro.
A questo punto non manca che gustare un buon calice di questo decantato Nostos, l’aspetto corposo, il colore rosso intenso, il profumo riportano alla forza e al calore del nostro Vulcano Etna …. è proprio un piacere per il palato e per lo spirito.
Siamo sicuri che sentiremo ancora parlare dell’azienda vitivinicola LaRubino e della sua titolare Marina.

Francesco Liotta