giovedì 11 dicembre 2008

Incontriamo Domenico Nania: “Torniamo allo spirito costituente del 1948. Così nascerà la Terza Repubblica”. - di Enrico Indelicato

estainchi estainchi
turacul turacul


Onorevole Nania, oggi si parla sempre più spesso di “Terza repubblica”. Significa, forse, che la cosiddetta “Seconda Repubblica” ha fallito?
Non saprei dire se ha fallito. Di certo non è riuscita a portare a termine il cambiamento che tutti si aspettavano. Quella che doveva essere una stagione politica rivoluzionaria per il nostro sistema si è trasformata in una lunga transizione.


Cosa non ha funzionato, secondo lei?
Sono tante le cose che non hanno funzionato. Innanzitutto non si è riusciti a dare un peso maggiore al potere decisionale dell’ esecutivo, e ci siamo accontentati di una forma di presidenzialismo sotterreaneo non regolamentato. Poi qualcuno si era convinto che la legge elettorale maggioritaria avrebbe da sé oliato gli ingranaggi della macchina della politica italiana, e abbiamo scoperto invece che le leggi elettorali da sole non bastano. Infine la Seconda Repubblica ha fallito quando gli equilibri politici hanno smantellato le commissioni bicamerali e quando, soprattutto, i due schieramenti hanno dato vita a riforme unilaterali, senza ricercare il consenso delle opposizioni.
Eppure i primi anni novanta sembrarono veramente preannunciare un cambiamento epocale nello scenario politico siciliano…
Certamente, le aspettative disattese non devono farci dimenticare che quella fu una fase di radicale novità in un contesto politico che sembrava immutabile dal dopoguerra. Fu un momento di rottura di cui l’attuale scenario politico è figlio. I referendum sulla preferenza unica nel 1991 e sull’abolizione del proporzionale nel 1993, l’esplosione di Tangentopoli e lo smantellamento dei partiti storici dell’arco costituzionale furono fatti capaci di sovvertire equilibri consolidati da decenni
Lei ha fatto un parallelismo tra la caduta del Fascismo e Tangentopoli. Dunque tra la nascita delle cosiddette Prima e Seconda Repubblica. In che senso?
Ci sono molte somiglianze quando cambiano i sistemi politici. Innanzitutto è necessaria a monte una rottura. Sessant’anni fa fu rappresentata dalla caduta del Fascismo che governava da un ventennio e dalla guerra. Naturalmente, non tutti i cambiamenti devono avvenire dopo un conflitto. Nelle democrazie i “carriarmati” del cambiamento vengono favoriti dalla corruzione del sistema politico e dalla mancanza di etica democratica: è quello che è avvenuto nel 1993-94 con Tangentopoli. Ma ci sono anche altre somiglianze nei passaggi di “regime”: la scomparsa violenta dei rappresentanti della classe dirigente, il fenomeno dei cosiddetti “riciclati”, il cambio del sistema elettorale.
Parliamo della situazione attuale. Cosa è necessario per far sì che questa volta “Terza Repubblica” si traduca in cambiamento ed efficienza del sistema politico italiano?
Secondo me, nel dibattito politico italiano bisognerebbe tornare allo spirito della Costituente del 1948 per porre veramente le nuove basi della nostra Repubblica. Con una differenza, però. Allora i costituenti venivano da una dittatura e la carta costituzionale risentì inevitabilmente del timore di ogni forma di autoritarismo. Oggi esiste una democrazia policentrica, distesa in orizzontale, salda e forte nei propri principi. Non bisogna aver paura, dunque, di tornare al centro per evitare dispersioni. Solo un esecutivo forte può decidere tempestivamente ed efficacemente e offrire garanzie di saldezza agli italiani. Nella mia idea di Terza Repubblica c’è sicuramente più potere alle periferie, ma soprattutto più potere ai cittadini.

Enrico Indelicato