Ancora non sappiamo se l’Ospedale di Biancavilla chiuderà i battenti. Ma sono molti gli indizi che spingono a pensare che i rischi di chiusura, o almeno di forte ridimensionamento, siano reali, concreti, verosimili. Se, poi, dovessero essere sbarrati anche i reparti ospedalieri di Bronte e Paternò, avremmo un’altra, ulteriore conferma dell’incapacità della politica regionale di venire incontro alle esigenze dei cittadini e di quelli più deboli in particolare.
E’ vero, il sistema sanitario regionale è stato un pozzo di San Patrizio, sulla soglia del quale hanno offerto pessima mostra di sé generazioni di classi “dirigenti” siciliane. Soldi a palate stoltamente e dissennatamente gestiti che hanno oltretutto migliorato poco o nulla la qualità dell’assistenza ospedaliera. Periodicamente, le cronache giornalistiche ce ne danno triste conferma.
Proprio per questo nessuno intende negare la necessità di un razionale piano di eliminazione degli sperperi. Nessuno può essere così sconsiderato da pensare di continuare ad usufruire delle strutture sanitarie siciliane senza regola e discernimento, al di là delle nostre possibilità, come forse abbiamo fatto fino ad oggi.
Siamo sicuri, infatti, che esistono oggi in Sicilia reparti inutili, strutture senza utenza, nosocomi senza eccellenze. Però è forte il timore che le misure pensate per ridimensionare gli sprechi possano comportare, assieme a fondamentali benefici per le casse regionali, anche gravi contraccolpi negativi, se portassero allo smantellamento di realtà ospedaliere dignitose, oltretutto con un bacino d’utenza ampio.
E’ il caso di Biancavilla. Il nostro ospedale copre un territorio di quasi 100 mila abitanti distribuito tra le provincie di Catania e Enna. Possiede dei reparti di eccellenza, come ostetricia e ortopedia. Ha una storia importante alle spalle. La sua chiusura, dunque, per tutti questi motivi, soprattutto se dovesse avvenire contemporaneamente a quella di Paternò, sarebbe scandalosa e inspiegabile, anche perché in questo momento si stanno spendendo fondi pubblici per potenziarne il plesso nord.
Un piano di rientro convincente e saggio non può non considerare le situazioni ospedaliere caso per caso, con la giustificazione della inevitabilità dei tagli. Anche perché tagli ingiustificati e indiscriminati potrebbero spingere i malpensanti a pensare che l’obbiettivo neanche troppo nascosto del piano possa essere quello di trasformare utenti pubblici in clienti privati di strutture a pagamento. In questo caso la politica dimostrerebbe ancora una volta la propria lontananza dalle aspettative della gente, anche quando in ballo c’è il bene prezioso della salute.
E’ vero, il sistema sanitario regionale è stato un pozzo di San Patrizio, sulla soglia del quale hanno offerto pessima mostra di sé generazioni di classi “dirigenti” siciliane. Soldi a palate stoltamente e dissennatamente gestiti che hanno oltretutto migliorato poco o nulla la qualità dell’assistenza ospedaliera. Periodicamente, le cronache giornalistiche ce ne danno triste conferma.
Proprio per questo nessuno intende negare la necessità di un razionale piano di eliminazione degli sperperi. Nessuno può essere così sconsiderato da pensare di continuare ad usufruire delle strutture sanitarie siciliane senza regola e discernimento, al di là delle nostre possibilità, come forse abbiamo fatto fino ad oggi.
Siamo sicuri, infatti, che esistono oggi in Sicilia reparti inutili, strutture senza utenza, nosocomi senza eccellenze. Però è forte il timore che le misure pensate per ridimensionare gli sprechi possano comportare, assieme a fondamentali benefici per le casse regionali, anche gravi contraccolpi negativi, se portassero allo smantellamento di realtà ospedaliere dignitose, oltretutto con un bacino d’utenza ampio.
E’ il caso di Biancavilla. Il nostro ospedale copre un territorio di quasi 100 mila abitanti distribuito tra le provincie di Catania e Enna. Possiede dei reparti di eccellenza, come ostetricia e ortopedia. Ha una storia importante alle spalle. La sua chiusura, dunque, per tutti questi motivi, soprattutto se dovesse avvenire contemporaneamente a quella di Paternò, sarebbe scandalosa e inspiegabile, anche perché in questo momento si stanno spendendo fondi pubblici per potenziarne il plesso nord.
Un piano di rientro convincente e saggio non può non considerare le situazioni ospedaliere caso per caso, con la giustificazione della inevitabilità dei tagli. Anche perché tagli ingiustificati e indiscriminati potrebbero spingere i malpensanti a pensare che l’obbiettivo neanche troppo nascosto del piano possa essere quello di trasformare utenti pubblici in clienti privati di strutture a pagamento. In questo caso la politica dimostrerebbe ancora una volta la propria lontananza dalle aspettative della gente, anche quando in ballo c’è il bene prezioso della salute.
enrico indelicato